Messaggio di auguri per il Santo Natale del M.R.P. Fra Luigi Gagliardotto o.h.

Messaggio di auguri per il Santo Natale del M.R.P. Fra Luigi Gagliardotto o.h.

Auguri a tutta la famiglia Ospedaliera della Provincia e Delegazioni

(confratelli, consorelle, cappellani, collaboratori, malati, poveri e bisognosi)

19 dicembre 2025

Carissimi,

in questo tempo luminoso che è il Natale, il nostro sguardo si posa sul mistero semplice e grandissimo del Dio che si fa Bambino. In Lui riconosciamo che ogni vita umana possiede una dignità inestimabile, una grandezza che nessuna macchina, nessuna tecnologia, nessun progresso potrà mai replicare o sostituire: l’uomo è chiamato alla trascendenza, a un oltre che continuamente lo richiama.

Papa Leone XIV, fin dal suo primo messaggio al popolo santo di Dio, ci ha richiamato all’importanza dell’Intelligenza Artificiale e ai suoi rischi, ricordandoci che essa non potrà mai rimpiazzare l’essere umano che accoglie, accompagna e cura con amore il suo simile e sé stesso. Il Santo Padre invita tutti — e in modo particolare noi che operiamo nel mondo della sanità — a essere «custodi e servitori della vita umana».

Sappiamo bene quanto l’Intelligenza Artificiale possa essere un aiuto prezioso alla medicina: perfeziona le diagnosi, sostiene il discernimento clinico, migliora gli esiti terapeutici. Ma insieme alle opportunità, porta con sé anche rischi che non riguardano solo la tecnologia, bensì la nostra umanità. Il pericolo più grande non è che le macchine diventino troppo intelligenti, ma che l’uomo dimentichi di esserlo.

Il primo rischio è la disumanizzazione della cura: quando lasciamo alla macchina ciò che appartiene al cuore umano, la relazione si impoverisce. L’algoritmo calcola, ma non consola. Elabora dati, ma non ascolta i tremori della voce, non coglie lo smarrimento negli occhi, non sa restare accanto nel silenzio del dolore.

Il secondo rischio è la perdita del volto dell’altro: possiamo abituarci a interagire con sistemi e procedure fino a dimenticare che davanti a noi c’è una persona — con una storia, una fragilità, una dignità inviolabile. È la tentazione, denunciata con forza da Papa Leone XIV, di trattare la macchina come interlocutore e l’uomo come strumento.

Il terzo rischio è la riduzione della persona a un dato, a un parametro clinico o a un “caso” da ottimizzare. Ma l’essere umano non è una somma di indicatori: è mistero, è relazione, è corpo e anima che cercano senso. È un volto che domanda ascolto, una ferita che chiede vicinanza, una fragilità che chiede mani, non processori.

Per questo la tecnologia deve restare al servizio dell’uomo, e non viceversa. L’Intelligenza Artificiale può rendere la nostra missione più umana o più disumana. Dipende da noi. Interroga la coscienza, e la Chiesa ci invita a un pensiero capace di intrecciare scienza e umanesimo, precisione e prossimità.

Nella nostra famiglia ospedaliera di San Giovanni di Dio questo appello è particolarmente vivo, perché ogni giorno tocchiamo con mano la carne fragile e preziosa del Bambino Gesù. La nostra Ospitalità è un carisma fatto di relazioni, di attenzione, di presenza: nessuna macchina può sostituire la responsabilità dell’operatore sanitario né replicare la qualità del rapporto di cura che ci caratterizza.

La salute, oggi, non è solo medicina: è comunicazione, ambiente, contesto sociale, invecchiamento della popolazione. È un ecosistema complesso che chiede una rivoluzione culturale capace di riportare al centro la prevenzione e la responsabilità condivisa. Ce lo ricordano anche le Dichiarazioni del 70° Capitolo Generale.

La tenerezza, l’ascolto, la capacità di farsi prossimi non sono misurabili: appartengono alla nostra natura più profonda e non possono essere delegati a un algoritmo. Gesù si è incarnato per dialogare con noi: il dialogo e la comunicazione restano la via privilegiata dell’incontro, soprattutto nella malattia.

Ogni persona, in modo particolare quando soffre, ha bisogno di uno sguardo che lo raggiunge, di una mano che lo sostiene, di una presenza che ridona fiducia. È questa energia umana — spirituale, relazionale, concreta — che apre la strada alla guarigione e restituisce dignità in ogni stadio della vita.

La nostra famiglia di San Giovanni di Dio porta nel proprio DNA un lungo cammino di umanizzazione. Il Fondatore, contemplando il mistero dell’Incarnazione, Morte e Risurrezione di Cristo, ci ha consegnato ciò che lui stesso aveva ricevuto: un cuore capace di misericordia verso tutti. Per questo non possiamo ridurre la relazione di cura a un processo tecnico: «Se affidiamo alla macchina il compito di prendersi cura, finiremo per ridurre anche noi stessi a un algoritmo. Il cuore della medicina è la relazione, fatta di tempo, empatia e reciprocità» (John Lane).

Questo vale anche per chi lavora negli uffici: dietro numeri, bilanci e carte ci sono persone, storie e volti che chiedono rispetto e dignità.

Il paziente, e chi bussa alle nostre porte — penso soprattutto alle opere delle Filippine e della Papua Nuova Guinea — non è un oggetto da ottimizzare, ma un volto da custodire con amore e misericordia. Il nostro carisma di Ospitalità, per rimanere fedele a sé stesso, non può che essere relazione. Gesù nasce per incontrarci: questo è il cuore del Natale.

I nostri centri apostolici sono ricchi di umanità, e noi siamo chiamati a custodire e trasmettere il valore dell’Ospitalità con gesti concreti: ascolto attento, parole gentili, accoglienza sincera, coerenza di vita, un sorriso che conforta e dona pace. È cura che va oltre la tecnica.

La professionalità è necessaria, ma l’umanità è ciò che fa la differenza. È ciò che apre allo splendore del dono della vita, alla vera gioia del Natale, quella che il mondo non può dare. Anche il Ministro della Salute ci ricorda che l’Intelligenza Artificiale è un’opportunità e insieme una responsabilità. Il nostro compito è coniugare innovazione ed etica, tecnologia e umanità. Nessun algoritmo potrà mai sostituire la centralità del rapporto autentico tra medico e paziente, fatto di ascolto, empatia e presenza.

A voi pazienti: il Bambino di Betlemme porti pace al cuore, coraggio nelle prove e la certezza di non essere mai soli. Non lasciate spegnere la speranza: l’Emmanuel — Dio con noi — cammina sempre al vostro fianco.

A voi medici, infermieri, operatori sanitari, volontari, direttori e amministrativi, il mio grazie sincero per la dedizione, la pazienza, la tenerezza con cui vi prendete cura dei nostri ospiti. Il vostro servizio è un riflesso della luce di Betlemme.

Cari tutti, che questo Natale — nell’Anno Giubilare della Speranza — rinnovi in noi la gioia di sentirci parte della grande melagrana di San Giovanni di Dio, la nostra famiglia ospedaliera.

Ci doni la forza di stimarci, sostenerci, riconoscendo in ogni volto il Bambino che nasce per dirci: «Dio è amore e ti ama».

Buon Natale a tutti, nel segno della pace, della speranza e dell’umanità che Gesù viene a portarci.

 

Auguri.

Fra Luigi Gagliardotto

Superiore Provinciale

 

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